Pompei
Pompei
Pompei è un comune italiano della città metropolitana di Napoli in Campania. Una migrazione di abitanti dalle terre dell’Egeo discendenti dei Pelasgi, formò un primitivo insediamento ai piedi del Vesuvio, nell’area di Pompei: forse non un villaggio vero e proprio, più probabilmente un piccolo agglomerato di case posto all’incrocio di tre importanti strade, ricalcate in epoca storica dalla via proveniente da Cuma, Nola, Stabia e da Nocera. Fu conquistata una prima volta dalla colonia di Cuma tra il 525 e il 474 a.C.: le prime tracce di un centro importante risalgono al VI secolo a.C., anche se in questo periodo la città, sembra ancora un’aggregazione di edifici piuttosto disordinata e spontanea. La battaglia persa dagli Etruschi nelle acque di fronte a Cuma contro Cumani e Siracusani (metà del V secolo a.C.) portò Pompei sotto l’egemonia dei sanniti. La città aderì alla Lega nucerina: probabilmente risale a questo periodo la fortificazione dell’intero altopiano con una cerchia di mura di tufo che racchiudeva oltre sessanta ettari, anche se la città vera e propria non raggiungeva i dieci ettari d’estensione. Fu ostile ai Romani durante le guerre sannitiche. Una volta sconfitta, divenne alleata di Roma come socia dell’Urbe, conservando un’autonomia linguistica e istituzionale. È del IV secolo a.C. il primo regolare impianto urbanistico della città che, intorno al 300 a.C., fu munita di una nuova fortificazione in calcare del Sarno. Durante la seconda guerra punica Pompei, ancora sotto il controllo di Nuceria Alfaterna, rimase fedele a Roma e poté così conservare una parziale indipendenza. Nel II secolo a.C. la coltivazione intensiva della terra e la conseguente massiccia esportazione di olio e vino portarono ricchezza e un alto tenore di vita. Allo scoppio della guerra sociale Pompei fu ostile a Roma: nell’89 a.C. Silla, dopo aver fatto capitolare Stabia, partì alla volta di Pompei, che tentò una strenua difesa rinforzando le mura cittadine e avvalendosi dell’aiuto di un gruppo di celti capitanati da Lucio Cluenzio. Ogni tentativo di resistenza risultò vano e la città cadde ma, grazie all’appartenenza alla lega nucerina, ottenne la cittadinanza romana e fu inserita nella Gens Menenia. Nell’80 a.C. entrò definitivamente nell’orbita di Roma e Silla vi trasferì un gruppo di veterani nella Colonia Venerea Pompeianorum Sillana. Tacito ricorda la rissa tra Nucerini e Pompeiani del 59 d.C. nell’Anfiteatro romano di Pompei, che spinse i consoli a proibire per dieci anni ogni forma di spettacolo gladiatorio. Nel 79 d.C. Pompei fu interessata dall’eruzione del Vesuvio, che la seppellì sotto una coltre di materiali piroclastici di altezza variabile dai cinque ai sette metri, determinandone la fine. Al momento dell’eruzione molti edifici erano in fase di ricostruzione a causa del sisma del 62 d.C. Alcuni reperti bizantini testimoniano l’esistenza di un piccolo insediamento anche nel Medioevo; in questo periodo gli abitanti erano concentrati in località Civiltà Giuliana, a nord della città antica e in posizione più elevata, vista la presenza di paludi e di una forte umidità nella parte più meridionale, nei pressi del fiume Sarno, portatrice di malattie e morte. Successivamente il Sarno fu deviato dal Principe di Scafati, e ciò provocò la morte di quasi tutti gli abitanti della valle di Pompei. I Borboni realizzarono poi alcune opere idrauliche e la foce del fiume fu interamente bonificata e delimitata da argini in pietra. A inizio Ottocento fu costruita la Chiesa della Giuliana. Dal 1805 al 1810 fu denominata Gioacchinopoli, in onore del sovrano. La Pompei moderna fu fondata dopo la costruzione del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei. Il Santuario fu consacrato nel 1891. Il comune di Pompei fu istituito il 29 marzo 1928, acquisendo la parte del territorio di Scafati, denominata Valle di Pompei. Il restante territorio fu ceduto dai comuni di Torre Annunziata, Boscoreale, Gragnano e Castellammare di Stabia. Personaggio di rilievo fu Bartolo Longo, proclamato beato il 26 ottobre 1980 da Papa Giovanni Paolo II. Per sua volontà fu eretto il Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, ora basilica pontificia, ricca di ex voto, la quale costituisce una delle mete italiane più frequentate “per grazia ricevuta”; in esso è conservata la tela seicentesca della scuola di Luca Giordano, raffigurante la Madonna di Pompei. Un pellegrinaggio si verifica in occasione delle due suppliche alla Madonna, l’8 di maggio e il 7 di ottobre. Si devono a lui anche due strutture destinate all’accoglienza dei figli e figlie di persone carcerate. Ebbe risalto internazionale la registrazione in audio e video, nell’Anfiteatro romano di Pompei, avvenuta nell’ottobre 1971, del concerto dei Pink Floyd, pubblicato nel 1972 come Pink Floyd a Pompei. Il concerto fu tenuto in assenza di pubblico, alla presenza del solo staff tecnico. Nello stesso anfiteatro l’ex componente degli stessi Pink Floyd, David Gilmour ha eseguito due concerti nel luglio 2016, da queste tappe, del suo Rattle That Lock Tour, è stato tratto un album dal vivo, sia audio che video, dal titolo Live at Pompeii pubblicato nel 2017. Il 26 dicembre 2020 è stato riscoperto un termopolio magnificamente conservato, con tanto di affreschi intonsi, resti di cibo nelle sue anfore e ormai quasi del tutto emerso dalle ceneri della città soffocata dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Monumenti e luoghi d’interesse
Gli scavi archeologici di Pompei hanno restituito i resti della città di Pompei antica, presso la collina di Civita, alle porte della moderna Pompei, seppellita sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l’eruzione del Vesuvio del 79, insieme a Ercolano, Stabia e Oplonti. I ritrovamenti a seguito degli scavi, iniziati per volere di Carlo III di Borbone, sono una delle migliori testimonianze della vita romana, nonché la città meglio conservata di quell’epoca. La maggior parte dei reperti recuperati (oltre a semplici suppellettili di uso quotidiano anche affreschi, mosaici e statue) è conservata al museo archeologico nazionale di Napoli, e in piccola quantità anche nell’Antiquarium di Pompei; proprio la notevole quantità di reperti è stata utile per far comprendere gli usi, i costumi, le abitudini alimentari e l’arte della vita di oltre due millenni fa. Il sito di Pompei, nel 2016, ha superato i tre milioni di visitatori, per la precisione 3 209 089, risultando il terzo sito museale statale più visitato in Italia dopo il Pantheon e il circuito archeologico del Colosseo, Foro Romano e Palatino. Nel 1997, per preservarne l’integrità, le rovine, gestite dal Parco Archeologico di Pompei, insieme a quelle di Ercolano e Oplonti, sono entrate a far parte della lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. I primi scavi nell’area pompeiana si ebbero a partire dal 1748, per volere di Carlo III di Borbone a seguito del successo dei ritrovamenti di Ercolano: i sondaggi furono svolti da Roque Joaquín de Alcubierre, che, credendo di essere sulle tracce dell’antica Stabiae, riportò alla luce nei pressi della collina di Civita diverse monete e oggetti d’epoca romana, oltre a porzioni di costruzioni, prontamente ricoperte dopo l’esplorazione.
Le esplorazioni furono ben presto abbandonate a causa degli scarsi ritrovamenti e ripresero soltanto nel 1754; nel 1763, grazie al rinvenimento di un’epigrafe, che parlava chiaramente della Res Publica Pompeianorum, si intuì che si trattava dell’antica città di Pompei. Con Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV, e l’ingegnere Francesco La Vega, parte della città, come la zona dei teatri, il tempio di Iside, il Foro Triangolare, diverse case e necropoli vennero riportate completamente alla luce e non più seppellite, ma rimaste a vista; fu durante il dominio francese, con a capo Gioacchino Murat e la moglie Carolina, che gli scavi godettero di un momento di fortuna: venne individuata la cinta muraria e riportata quasi del tutto alla luce la zona di Porta Ercolano; inoltre, grazie alle pubblicazioni volute da Carolina, la fama di Pompei crebbe in tutta Europa, diventando tappa obbligata del Grand Tour. Con il ritorno dei Borbone a Napoli, gli scavi vissero un periodo di stasi: se si esclude Francesco I, con Ferdinando II e Francesco II, le rovine furono usate soltanto come posto da far visitare agli ospiti di corte. A seguito dell’unità d’Italia e soprattutto grazie a maggiori disponibilità economiche, sotto la guida di Giuseppe Fiorelli, si assistette a una veloce ripresa delle indagini, in modo ordinato, con la prima divisione della città in regiones e insulae; nel 1863 venne introdotta la tecnica dei calchi, mentre, tra il 1870 e il 1885, fu redatta la prima mappa dell’intera area pompeiana. Durante il XX secolo, con gli archeologi Vittorio Spinazzola prima e Amedeo Maiuri dopo, furono completati la maggior parte degli scavi nei pressi di Porta Ercolano, della zona meridionale della città e di Villa dei Misteri, mentre si intrapresero importanti sessioni d’indagine lungo Via dell’Abbondanza. A partire dagli anni sessanta si resero necessari lavori di restauro per gli edifici esistenti, che hanno di molto rallentato nuovi scavi, anche a causa di problemi di natura economica. Nel 1980 il sito fu gravemente danneggiato dal terremoto dell’Irpinia. Tra gli anni novanta e gli anni ’10 del nuovo millennio, i nuovi scavi si concentrarono nella zona della IX regio, anche se molti fondi furono dirottati sulla conservazione e il restauro dei monumenti già scavati; nel 1997 l’area archeologica entrò a far parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. A seguito della mancanza di un piano di restauro dell’intero sito, accentuato dal crollo della Casa dei Gladiatori nel 2010, l’Unione europea stanziò un finanziamento per la salvaguardia degli scavi: tuttavia, durante lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione, che presero il nome di “Grande Progetto Pompei”, si verificarono altri crolli, riguardanti per lo più parti di muratura, travature dei tetti o pezzi di intonaco. Sono relativamente poche le ville d’otium ritrovate a Pompei: queste particolari costruzioni residenziali, a cui sempre veniva aggiunta una parte dedicata alle attività agricole, come celle vinarie, torchi e presse, erano costruite solitamente in luoghi isolati e panoramici, lontano dal centro abitato: Pompei infatti aveva un sobborgo, chiamato Pagus Augustus Felix Suburbanus e riconducibile ai territori delle odierne Boscoreale, Boscotrecase e Terzigno, in cui sorgevano numerose ville di questo tipo, mentre ville propriamente d’otium si ergevano nella zona di Oplontis, altro suburbio pompeiano, e sulla collina di Varano, a Stabiae. Tuttavia sono presenti nei pressi del centro cittadino, appena fuori o addossate alle antiche mura della città, abitazioni di questo genere. La Villa dei Misteri è situata poco fuori porta Ercolano e la sua costruzione risale al II secolo a.C.: fu esplorata tra il 1909 e il 1910 e in seguito tra il 1929 e il 1930; deve il suo nome a una serie di affreschi presenti nel triclinio, con figure a grandezza naturale, tecnica chiamata megalographia, che rappresentano o uno spettacolo di mimi, o momenti di un rito, oppure i preparativi per un matrimonio. La villa, a due piani, presentava sia ambienti rustici, come il forno, le cucine e il torchio, sia residenziali, come l’atrio, una veranda e il quartiere termale. La Villa di Diomede, situata sempre nei pressi di porta Ercolano, a poca distanza da Villa dei Misteri, deve il suo nome a una tomba posta di fronte all’ingresso, appartenuta a Marcus Arrius Diomedes. Fu scavata tra il 1771 e il 1774 e presenta ambienti sia residenziali che rustici, oltre a un ampio quartiere termale e un triclinio con vista sul mare; una scala inoltre permetteva l’accesso a un ambiente inferiore costruito su un criptoportico e utilizzato come cantina, presso il quale furono trovati diversi corpi sepolti dall’eruzione e una cospicua somma di denaro. La Villa Imperiale si trova invece nei pressi di porta Marina e fu scoperta nel 1943: si tratta di una grossa struttura, costruita abusivamente alla fine del I secolo a.C., nei pressi del tempio di Venere: fu notevolmente danneggiata dal terremoto del 62 e in seguito restaurata. La costruzione è preceduta da un lungo portico, ricco di edicole, lungo circa 90 metri, mentre il triclinio è il più grande rinvenuto a Pompei e presenta dei cicli pittorici in quarto stile, anche se non mancano esempi di pittura in terzo stile, che gli artisti mantennero durante i lavori di ristrutturazione. La Villa di Giulia Felice, situata nei pressi di Porta Sarno, fu esplorata tra il 1755 e il 1757 e poi nuovamente tra il 1953 e il 1953. La casa, che a seguito del terremoto del 62 fu data in parte in affitto, è formata da un doppio atrio, un peristilio con al centro una peschiera e un altare dedicato a Iside e un triclinio che aveva la funzione di grotta, dalla quale sgorgava acqua, che attraverso un sistema di cascate terminava nell’ampio giardino. Di altre ville si conosce l’esistenza perché esplorate durante il periodo borbonico, per essere depredate degli oggetti e pitture, o ritrovate accidentalmente, ma poi successivamente riseppellite: sono di esempio la Villa di Cicerone, la Villa di Titus Siminius Stephanus e l’Edifizio dei Triclini. La Villa di Cicerone, posta poco fuori porta Ercolano, fu scavata nel 1763 e vennero recuperati diversi affreschi e due mosaici, realizzati da Dioskourides di Samo, in opus vermiculatum; la Villa di Titus Siminius Stephanus, nei pressi di porta Vesuvio, restituì il mosaico raffigurante l’Accademia di Platone; l’Edificio dei Tricilini, scoperto in località Moregine nel 2000, a quasi un chilometro da porta Stabia, durante i lavori di ampliamento dell’autostrada Napoli – Salerno, era caratterizzato da tre triclini ed un ampio peristilio con giardino e piscina. Le case erano strutturate principalmente in tre tipologie, a seconda del ceto sociale e delle ricchezze del proprietario: le domus appartenevano ai ricchi ed erano abitazioni molto grandi che si disponevano solitamente intorno a un atrio; avevano inoltre una zona dove si svolgeva la vita domestica, come cucine e stanze da letto e una zona di rappresentanza, come il tablino, triclinio e un peristilio con al centro il giardino, spesso ornato con fontane e non di rado un quartiere termale. Case più piccole invece erano di proprietà del ceto medio ed erano composte per lo più da un cortile centrale scoperto intorno al quale si aprivano i cubicoli e un piccolo giardino adibito a orto. Infine le cosiddette pergule, piccole case che appartenevano ai commercianti, formate da un vano che affacciava sulla strada e utilizzato come bottega e, sul retro, piccole stanze, sfruttate sia come magazzini che come abitazioni. Alcune tra le case più importanti: La Casa del Citarista, dal nome di statua raffigurante Apollo Citarista, deve il suo aspetto attuale al I secolo a.C., a seguito di numerose ristrutturazioni, frutto delle aggiunte di altre piccole case circostanti: di proprietà dei Popidii, come testimoniato da insegne elettorali, presenta due peristili con sculture di animali in bronzo, ambienti termali e un’area commerciale adibita a panificio, pasticceria e taverna. La Casa del Menandro, di proprietà dei Poppaei, risale al III secolo a.C. e ha subito poi numerosi rifacimenti che hanno incentrato la costruzione attorno al peristilio: presenta un atrio tuscanico con pitture in quarto stile, un salone con la raffigurazione umoristica delle nozze di Ippodamia ed un mosaico rappresentate scene nilotiche e un quartiere termale con il calidarium adornato con mosaico con scene di animali marini. La Casa di Ottavio Quartione, che deve il nome al proprietario di cui è stato ritrovato il sigillo, è anche chiamata di Loreio Tiburtino e fu costruita nel II secolo a.C. e successivamente ampliata, soprattutto a seguito del terremoto del 62: la maggior parte della struttura si sviluppa attorno all’atrio; di notevole interesse è il sistema di vasche: quella superiore era decorata con statue di divinità egizie, mentre quella inferiore, che attraversa il giardino, è divisa in tre scomparti, probabilmente per ospitare pesci; tra la vasca superiore e quella inferiore era posto il sacello. La Casa di Pinarius Cerialis era di proprietà di un gemmarius, ossia di un intagliatore di pietre e gemme: al suo interno infatti sono state ritrovate centosedici tra gemme, pastiglie vitree e cammei. Di buona fattura le pitture all’interno di un cubicolo, raffigurante scene di teatro. La Casa degli Amorini Dorati fu costruita nel III secolo a.C. e ampliata nel I secolo a.C. e apparteneva a Gnaeus Poppaeus Habitus: così chiamata a seguito del ritrovamento di una lamina d’oro sul quale erano disegnati degli amorini, si sviluppa intorno al peristilio con giardino, decorato con statue in marmo e affreschi che rappresentano divinità egizie; notevole il salone, con decorazioni in terzo stile e pavimentazione a mosaico. La Casa del Fauno risale al II secolo a.C. anche se fu notevolmente ampliata nel secolo successivo: ha una superficie di circa tremila metri quadrati ed è così denominata per il ritrovamento di una statua in bronzo raffigurante un fauno, al centro dell’impluvium. Sicuramente una delle maggiori dimore di Pompei, ha due giardini con peristilio e due atri ed era decorata con affreschi in primo stile e pavimentata con mosaici, tra cui quello dell’esedra, raffigurante la battaglia tra Dario e Alessandro, oggi al museo archeologico nazionale di Napoli. La Casa dei Vettii deve il suo nome alla famiglia a cui apparteneva, i Vettii appunto, come testimoniato da diverse iscrizioni elettorali e sigilli: l’abitazione, imperniata intorno al peristilio, fu ristrutturata nel I secolo. All’ingresso è l’affresco di Priapo e il larario, mentre nella cucina sono state ritrovate numerose pentole; la maggior parte della casa presenta affreschi in quarto stile, con pannelli colorati nel caratteristico rosso pompeiano. La Casa del Centenario è così chiamata in quanto esplorata nel 1879 a diciotto secoli di distanza dall’eruzione del Vesuvio ed è una delle case più grandi di Pompei, frutto dell’unione di tre abitazioni: l’atrio è in stile tuscanico con pavimento a mosaico e pitture a soggetto teatrale, mentre il tablino dà l’accesso al peristilio porticato; al centro del giardino è la piscina, mentre sul fondo un piccolo ninfeo: la casa è dotata anche di un secondo quartiere più piccolo, con atrio centrale, circondato da stanze. La Casa dei Dioscuri fu costruita nell’ultima fase di Pompei e venne esplorata tra il 1828 e il 1829: la costruzione presenta un atrio corinzio con dodici colonne in tufo e le pitture sono tutte in quarto stile, tra cui quella dei dioscuri Castore e Polluce; finemente decorato anche il peristilio con elementi architettonici e nature morte. La Casa del Chirurgo è una delle più antiche di Pompei, risale infatti al III secolo a.C., anche se poi nel corso degli anni ha subito due grossi interventi di restauro ed è così chiamata per il ritrovamento di numerosi oggetti medici, come sonde e bisturi: i muri interni sono costruiti a opera a telaio, mentre le uniche opere decorative ancora presenti sono una serie di affreschi in un ambiente finestrato, nei pressi del giardino, in primo e in quarto stile. La Casa del Forno risale al II secolo a.C. e fu ristrutturata a seguito del terremoto del 62: al momento dell’eruzione i lavori non erano ancora terminati; proprio a seguito dell’evento sismico, la zona residenziale fu spostata al piano superiore, mentre quello inferiore fu trasformato in panificio: sono infatti presenti il forno, le macine e la cucina. La casa presenta inoltre un giardino, dove era posta anche una stalla, nella quale fu probabilmente ritrovato lo scheletro di un mulo. La Casa del Poeta Tragico fu scavata tra il 1824 e il 1825 e ha delle dimensioni ridotte rispetto alle altre grandi case di Pompei: All’ingresso è collocato un mosaico che reca la scritta:
(LA)
«CAVE CANEM»
(IT)
«Attenti al cane»
All’interno erano presenti diversi affreschi poi staccati e conservati al museo nazionale di Napoli, come la scena di prove teatrali, da cui la casa prende il nome, oppure episodi dell’Iliade. La casa inoltre venne scelta come modello per il romanzo di Edward Bulwer-Lytton Gli ultimi giorni di Pompei. La Casa di Pansa apparteneva a un ricco commerciante campano, Alleius Nigidius Maius, anche se negli ultimi anni fu data in affitto: costruita probabilmente tra il 120 e il 140 a.C., nel giardino furono ritrovati capitelli in ordine ionico. L’ingresso, l’atrio e il tablino sono posti in asse; la particolarità della casa è la pavimentazione in pietre colorate che adornano il marciapiede antistante e il vestibolo.
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